performance di danza e teatro danza che si interroga attorno al significato delle parole: resistenza, erranza, stanzialità.

I confini: decisi ad un tavolo e tracciati sulle terre; a volte sulla pelle come punti di sutura.
I confini come possibile linea di individuazione e di differenza.
Confini come possibilità di soggettivarsi in un popolo, una terra, uno spazio.

Siamo tutti stanziali? Tutti necessitiamo di un rifugio, un nido, una casa che dia senso di appartenenza e definizione, che permetta di radicarsi e radicarci?
Necessitiamo di capire quali sono i nostri confini.
Quelli vicini: il nostro spazio, la nostra persona. Quelli lontani: il nostro territorio aperto o chiuso agli altri.
Tutti siamo resistenti. All'usura, al tempo, ai flussi della vita.
Resistiamo a volte per sopravvivere. Resistiamo quando il cielo si fa' buio. Resistiamo se serve lottare. Resistiamo se crediamo ne valga la pena. Resistiamo senza spezzarci ma cambiando forma e prospettiva se serve.
Nell'inventare architetture nuove già adesso.
E c'è una stanza tutta per sé o una cuccia o un nido o un rifugio.
Ci abiti. Lo abiti. Lì ti fermi e lo fai tuo. Ne indossi l'abito. Ne fai abito ed abitudine.
Nell'abitudine impari a fare le stesse cose con sempre maggiore efficienza e con minor spreco di risorse.
Mentre ti ci abitui e ti senti a tuo agio, nell'agio un po ti adagi. Un adagio che si adagia.
Talmente bene che non ti va più bene; ti sta stretto e ti ci annoi.
E serve cambiare abito. Uscire da quello che si abita per non essere più abituati. Per essere meno abitati dal solito. Cercare l'insolito e disabituarsi al solito di sé, per scoprire nuovi sé negli altri, nella strada, nel viaggio. Ed infilarsi in nuove terre, nuovi vestiti, nuovi confini.
Da percorrere per conoscere sotto la pianta dei piedi e sotto le unghie delle mani di cosa è fatta un'altra terra, un' altra pelle, una gente altra.
Una terra selvaggia che ti chiede un passo.





Ziqqurat



Un modo di stare in scena dove si incontrano performance, happening ed improvvisazione, attorno ad un tema.
Danza, voce, teatro-danza, lungo un canovaccio ideativo.
Fare e confrontarsi nel fare.

Ziqqurat sono:
Alessandra Boglioni, Camilla Corridori, Massimo Politi, Stefania Ruffini, Marina Rossi.
Ideazione performativa: Marina Rossi.

Ziqqurat è il nome di un tempio dell'area mesopotamica, fondazione del cielo e della terra, con l'ultimo piano aperto ad osservare il cielo.
Il concetto fondamentale di questa struttura è la riproduzione dello schema tripartito dell'universo: mondo degli inferi, mondo terrestre e mondo celeste.
Costruzioni molto alte ed ampie in cui vi si poteva muovere sia in orizzontale che in verticale.

Questa parola si avvicina all'idea che sottende la nascita di un gruppo di improvvisazione e performance, dove si sperimentano diverse direzioni, dando valore all'immediatezza, al momento ed al luogo in cui ci si trova in scena, dove si passa a zig-zag tra varie modalità performative, in una canovaccio ideativo che lascia spazio all'imprevisto, al non-pre-visto, pur svolgendosi lungo un asse tematico scelto.